Onorevoli Colleghi! - Quando si parla di cultura spesso si è portati a considerare, nel novero di opere e di attività che tale termine tanto astratto comprende, soltanto aspetti particolarmente aulici del vasto mondo che questa parola racchiude. In realtà, dal punto di vista sociologico, essa sta a designare i valori che i membri di un dato gruppo condividono, le norme che rispettano, i beni materiali che producono. Tra questi ultimi non possiamo certo ignorare quelli che più caratterizzano il vivere umano, costituendone bisogno fondamentale: gli alimenti. Sebbene negli ultimi tempi si stia riscoprendo il reale valore dell'alimentazione come risorsa di salute, arte, turismo e lavoro, ciò che va maggiormente sottolineato è senza dubbio la peculiarità di una certa cucina locale, che non viene del tutto valorizzata, concentrandosi, soltanto, su alcuni aspetti d'eccellenza più facilmente commercializzabili.
      In realtà cucina significa anche storia e tradizione. Tale affermazione è senza dubbio riscontrabile nella cucina del Polesine. Delimitato a nord e a sud dai principali fiumi italiani, Po e Adige, il Polesine si estende per oltre cento chilometri in lunghezza e per circa diciotto in larghezza, occupando una posizione geografica che fa di esso, e della provincia di Rovigo che gli corrisponde dal punto di vista amministrativo, una zona baricentrica tra il Veneto, regione alla quale appartiene a pieno titolo, l'Emilia-Romagna e la Lombardia, lungo la direttrice medio-padana, nella direzione del mare Adriatico. Questo territorio, per tradizione, risente, perciò, per dialetti e per cultura, per storia e, nel caso specifico, per la gastronomia di un'impostazione eclettica e del tutto peculiare.

 

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      Sin dall'antichità, infatti, pur essendo sede di paludi e di lagune, il Polesine ha costituito un importante crocevia per i traffici mercantili. In epoca moderna, per la sua posizione strategica, fu conteso dagli Estensi, signori di Ferrara, e dalla Serenissima. Quando nel XII secolo si inalveò nel letto attuale, il Po cominciò a depositare le torbide in prossimità del porto di Chioggia e finì per minacciarne la sopravvivenza. I veneziani deviarono il tratto terminale del fiume verso sud (taglio di Porto Viro, 1604) e, da allora, il deposito delle torbide prese a costituire l'attuale area deltizia.
      Il paesaggio del delta del Po merita di essere conosciuto per la varietà offerta dall'acqua, dalla flora, dalla fauna e dalla gastronomia locale, ovviamente basata sui prodotti della pesca, ma nella quale gli alimenti di natura vegetale - soprattutto riso e mais - hanno un ruolo importante, e ai quali si aggiungono gli ortaggi di cui il sabbioso suolo basso-polesano è assai fecondo. Pur trovando nel delta un'area di incomparabile valore paesaggistico, che i polesani possono a buon titolo vantare come uno dei più belli d'Europa, paragonabile senza difficoltà a quello francese del Rodano o a quello del Danubio, il Polesine non si riduce certo solo a questa zona. Anche l'Alto Polesine è caratterizzato da una vita culturale di tutto rilievo per la presenza di alcune importanti architetture, opera di autori come il Palladio e lo Scamozzi. Di indubbio valore artistico sono il centro, fondato in epoca romana, di Badia Polesine, con la sua abbazia benedettina camaldolese, che fu uno dei centri culturali più vivaci dell'Italia settentrionale. Lungo un corso d'acqua minore, inoltre, si sviluppò anche Fratta Polesine, località ricca di storia e di manufatti di pregio, che gli scavi archeologici hanno dimostrato di origine antichissima.
      Nel corso dell'800 e del '900, il Polesine fu oggetto di una vasta opera di bonifica, grazie alla quale si trasformò in una delle zone agrarie più fertili d'Italia. Nella seconda metà del '900, dopo la grande emigrazione verificatasi a cavallo degli anni '50 e '60, si avviarono profondi processi di riconversione economica e produttiva, nell'alveo tuttavia di una grande tradizione agricola che ha consentito di conservare i tratti caratteristici del territorio e di un ambiente per certi versi unico e irripetibile.
      La vasta e diffusa offerta culturale, unita alla valorizzazione sempre più marcata delle bellezze paesaggistiche e naturalistiche del delta del Po (con la conseguente creazione di strutture destinate all'accoglienza in numerose zone della foce fluviale), fanno del turismo uno dei fattori trainanti dell'economia polesana.
      Pur essendo in grado di offrire ospitalità a ogni tipo di turismo, il Polesine, in particolare il delta del Po, appare idoneo ad attrarre i flussi turistici, interessati alla conoscenza del territorio, delle sue risorse naturalistiche e paesaggistiche, nonché del turismo incentrato sulla conoscenza della storia, della cultura, delle tradizioni gastronomiche locali.
      Una forma di turismo moderna, consapevole, rispettosa dell'ambiente e del paesaggio, per la quale diventano motivi di attrazione la disponibilità di itinerari e di luoghi in cui assaporare gusti e sapori tipici di una terra.
      In questo contesto, la gastronomia locale può costituire un'attrattiva turistica di per sé. La cucina locale non deve più essere considerata un mero servizio di ricettività sussidiario alle attrazioni culturali, o naturalistiche o ludiche, ma va valorizzata al punto da costituire un elemento di autentica ospitalità.
      La possibilità, poi, di creare itinerari peculiari, come ad esempio quelli incentrati sulle vie d'acqua che consentono l'esplorazione del territorio e la sua scoperta, oltre alla possibilità di effettuare esperienze quasi uniche di fruizione della natura e dell'ambiente, porta a intrecciare in maniera sinergica percorsi naturalistici, culturali e gastronomici.
      Quella del Polesine è una cucina naturale e semplice, ma supportata da grandi tradizioni di caccia e di pesca, di itticoltura, di pratiche agricole e di allevamento, di saperi agroalimentari consolidati e sedimentati,
 

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che garantiscono sapori altrove introvabili.
      Prodotti come l'anguilla, le vongole, le cozze, i branzini, i pesci d'acqua dolce, come il pescegatto, la cacciagione, specie quella acquatica, in arrosto o allo spiedo, i piatti della campagna, come la faraona, il cappone ripieno, i piccioni farciti, lo spezzatino d'asino, gli insaccati, come la bondiola nelle sue differenti varietà, tutti accompagnati dalla polenta, unitamente ai primi piatti, come i «risi e bisi» (risotto con i piselli), il risotto al branzino, a base del riso del delta, le minestre con legumi e verdure, sono solo alcuni esempi di cibi dal gusto e dal sapore unici.
      Per non parlare dei dolci, dalla «torta polesana» o «miassa» al «pan del doge», dolci molto ricchi di ingredienti, alla più povera, ma non meno saporita e gustosa «brazzadea», alla «esse di Adria» eccetera.
      Completano il panorama le verdure, dall'insalata di Lusia al radicchio di Chioggia, agli ortaggi come l'aglio polesano ricco di proprietà e la zucca, alla frutta, come il succoso melone del delta.
      Il profondo e peculiare legame tra territorio, natura e ambiente, che si alimenta di un intreccio incomparabile tra mare, lagune, pesca, allevamenti ittici, produzioni agricole e agroalimentari e gastronomia, tradizione culinaria, cultura e storia, vie d'acqua e turismo rende doverosa un'azione di adeguata tutela, di promozione e di valorizzazione della cucina polesana, quale momento più alto di un patrimonio peculiare di una provincia spesso negletta e vittima delle egemonie culturali ed economiche di altre aree contermini.
      L'articolato della presente proposta di legge si compone di cinque articoli. Nel primo si illustrano le finalità che essa si prefigge, nel secondo si istituisce un Comitato che si occupi di portarle a compimento, con i mezzi e i limiti indicati nel terzo articolo. Il quarto si occupa della copertura finanziaria. Infine, il quinto ne disciplina l'entrata in vigore.
 

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